Admiral City
22 aprile 2013
Ore 4.28 A.M.
Il flyer si avvicinava silenzioso; sotto di lui, Admiral City aveva l'aspetto di una megalopoli illuminata a giorno e fustigata da numerosi disordini.
Per le strade si vedevano chiaramente pattuglie di polizia a sirene spiegate, che correvano come tanti insettini tentando inutilmente di arginare quella che, a tutti gli effetti, era palesemente una situazione fuori controllo.
Archer, seduto ai comandi del mezzo, fissò lo schermo, una sorta di pannello a tre dimensioni che gli offriva una perfetta visuale del perimetro circostante.
«Arrivo previsto fra dodici minuti. Direzione Sud-Sud ovest.»
«Non vedo l'ora...» disse una voce alle sue spalle.
I quattro posti erano occupati da altrettante figure, incamerate in tute dall'aspetto flessibile che rilucevano di strani e cangianti riflessi metallici.
«Ti conviene non sottovalutare la cosa, Rockster.» A parlare era un biondino, occhi glaciali e sguardo serio.
«Sottovalutare? Non ho intenzione di farlo, ho solo una gran voglia di scendere e mettere fine a questo casino...»
«Lo Start è già entrato in azione?» chiese il biondino, diretto ad Archer.
«Sì, secondo i dati che stiamo ricevendo. American Dream si è diretto verso la Salazar Tower, seguito da Libby. Uranium pare sia impegnato in qualcosa di grosso a San Antonio Canal... ne sta parlando anche la ACN...»
«Perfetto, così finiremo per non incontrare ostacoli...»
«Ostacoli?» proruppe Rockster. «Quali ostacoli? Non vedo l'ora d'incontrare Dream e scoprire una volta per tutte chi sia il più forte fra noi due...»
«Vedi di darti una calmata, Rockster, non sono loro i nostri nemici, ricordalo.»
«Sì, sì, ho capito. Però non mi sembra giusto che abbiano loro tutta l'attenzione. L'unica fortuna che hanno avuto è che questo casino sia scoppiato proprio a casa loro...»
«Fortuna?» Era una voce femminile ad aver parlato.
«Sei troppo permalosa Stray. Voglio solo divertirmi un po'...»
«Non siamo qui per divertirci,» esclamò Sunlight, l'unico rimasto in silenzio fino ad ora ed evidentemente a capo della squadra, «voglio che sia ben chiaro. Non ammetterò nessun tipo di stupidaggini, ne improvvisazioni personali. Chiaro?»
«Signorsì, signore!» rispose ironico Rockster.
«Salazar Tower in avvicinamento...» interruppe il pilota.
Dimostrando un esperta conoscenza dei comandi fece una virata, posizionandosi a circa cinquecento metri di distanza dalla torre. «Da qui in poi siete soli...»
«Ok,» ordinò Sunlight, «andiamo!»
I quattro si slacciarono le cinture di sicurezza che li ancorava ai sedili e si alzarono; sulle tute, più o meno all'altezza della spalla destra, spiccava un simbolo rotondo, creato incrociando una F e una E.
Un portello sull'esterno si aprì, facendo entrare una folata di aria sferzante. Il primo a lanciarsi fu Rockster, a cui seguì Stray e il biondino. Il quarto attese qualche secondo, poi si rivolse al pilota.
«Trovati un posto tranquillo e rimani in linea, non è detto che non avremo bisogno di contattarti.»
«Tranquillo Sunlight, so come badare a me stesso. Tu, piuttosto, cerca di controllare Rockster, non vorrei facesse qualche cazzata...»
«Non la farà.»
E detto questo si lanciò dal portello, tuffandosi nel cuore oscuro di una città che stava per vivere uno dei suoi momenti peggiori.
Per le strade si vedevano chiaramente pattuglie di polizia a sirene spiegate, che correvano come tanti insettini tentando inutilmente di arginare quella che, a tutti gli effetti, era palesemente una situazione fuori controllo.
Archer, seduto ai comandi del mezzo, fissò lo schermo, una sorta di pannello a tre dimensioni che gli offriva una perfetta visuale del perimetro circostante.
«Arrivo previsto fra dodici minuti. Direzione Sud-Sud ovest.»
«Non vedo l'ora...» disse una voce alle sue spalle.
I quattro posti erano occupati da altrettante figure, incamerate in tute dall'aspetto flessibile che rilucevano di strani e cangianti riflessi metallici.
«Ti conviene non sottovalutare la cosa, Rockster.» A parlare era un biondino, occhi glaciali e sguardo serio.
«Sottovalutare? Non ho intenzione di farlo, ho solo una gran voglia di scendere e mettere fine a questo casino...»
«Lo Start è già entrato in azione?» chiese il biondino, diretto ad Archer.
«Sì, secondo i dati che stiamo ricevendo. American Dream si è diretto verso la Salazar Tower, seguito da Libby. Uranium pare sia impegnato in qualcosa di grosso a San Antonio Canal... ne sta parlando anche la ACN...»
«Perfetto, così finiremo per non incontrare ostacoli...»
«Ostacoli?» proruppe Rockster. «Quali ostacoli? Non vedo l'ora d'incontrare Dream e scoprire una volta per tutte chi sia il più forte fra noi due...»
«Vedi di darti una calmata, Rockster, non sono loro i nostri nemici, ricordalo.»
«Sì, sì, ho capito. Però non mi sembra giusto che abbiano loro tutta l'attenzione. L'unica fortuna che hanno avuto è che questo casino sia scoppiato proprio a casa loro...»
«Fortuna?» Era una voce femminile ad aver parlato.
«Sei troppo permalosa Stray. Voglio solo divertirmi un po'...»
«Non siamo qui per divertirci,» esclamò Sunlight, l'unico rimasto in silenzio fino ad ora ed evidentemente a capo della squadra, «voglio che sia ben chiaro. Non ammetterò nessun tipo di stupidaggini, ne improvvisazioni personali. Chiaro?»
«Signorsì, signore!» rispose ironico Rockster.
«Salazar Tower in avvicinamento...» interruppe il pilota.
Dimostrando un esperta conoscenza dei comandi fece una virata, posizionandosi a circa cinquecento metri di distanza dalla torre. «Da qui in poi siete soli...»
«Ok,» ordinò Sunlight, «andiamo!»
I quattro si slacciarono le cinture di sicurezza che li ancorava ai sedili e si alzarono; sulle tute, più o meno all'altezza della spalla destra, spiccava un simbolo rotondo, creato incrociando una F e una E.
Un portello sull'esterno si aprì, facendo entrare una folata di aria sferzante. Il primo a lanciarsi fu Rockster, a cui seguì Stray e il biondino. Il quarto attese qualche secondo, poi si rivolse al pilota.
«Trovati un posto tranquillo e rimani in linea, non è detto che non avremo bisogno di contattarti.»
«Tranquillo Sunlight, so come badare a me stesso. Tu, piuttosto, cerca di controllare Rockster, non vorrei facesse qualche cazzata...»
«Non la farà.»
E detto questo si lanciò dal portello, tuffandosi nel cuore oscuro di una città che stava per vivere uno dei suoi momenti peggiori.
***
Rushmore fissava i dati che scorrevano su uno degli schermi del tank corazzato. Aveva già dedotto che anche gli europei si sarebbero mossi e alla fine le sue supposizioni si erano rivelate fondate.
I quattro puntini luminosi gli indicavano che avevano scelto il Parco de las Palomas, una scelta azzardata vista la vicinanza alla torre. Ma non ne fu stupito, conosceva bene l'intraprendenza che contraddistingueva i membri di Fortress Europe e sperava che questo non causasse ancora più problemi.
Si affrettò a comunicare la notizia a tutti i Super dello START, eccezion fatta per American Dream che una volta avvicinatosi alla Salazar Tower era uscito dal raggio d'azione dei comunicatori.
Poi torno coi pensieri al problema di Scanner...
Attivando uno dei sensori nel bracciolo della poltrona si mise in comunicazione con il centro dello START.
«Qui Rushmore, ci sono novità?»
«No, nessuna, il professor Scanner è sempre stazionario... è in coma, non credo ci siano molte possibilità che si riprenda...»
«Grazie...» rispose Rushmore, evidentemente non contento di quella prospettiva.
Scanner era l'unico che, forse, poteva dare una risposta sull'identità di Mezzanotte e ora si trovava in un bio-lettino, privo di coscienza e, con ogni probabilità, a un passo dalla morte... No, le cose non stavano andando bene.
***
Eddie correva a perdifiato, maledendo il giorno in cui aveva deciso di trasferirsi in quella cazzo di città.
Certo, avrebbe potuto scegliere New York, Londra, o magari Mosca, invece si era ficcato in una situazione che, adesso, non presentava molte vie d'uscita.
E dire che aveva sempre cercato di stare lontano dai guai...
Fra tutti i mutati (non gli piaceva definirsi un Super, lo trovava altisonante e anche un po' di cattivo gusto) lui era quello che ci aveva rimesso di più, a suo parere. Non possedeva la superforza di American Dream, ne la velocità di Libby. No, quelle figate erano ad appannaggio dei veri supereroi. Il suo potere era qualcosa di infimo, di così lontano dal concetto di potere, che anche lui faticava a definirlo tale.
E a chi potrebbe interessare qualcuno che sa come accelerare la crescita di una pianta di basilico?, si chiese mentre tentava di raggiungere un luogo sicuro.
Le strade, così come ogni quartiere di Admiral City, erano un caos interminabile e, come se non bastasse quello che stava accadendo alla Torre, sembrava che in giro ci fosse una schiera pronta a seminare scompiglio ovunque.
Stava per arrivare al suo appartamento, quando qualcosa si mosse davanti a lui.
Era un ombra, che guizzava sulle pareti dei palazzi come saltando, apparentemente sfidando tutte le leggi sulla gravità. Fece un paio di evoluzioni, continuando ad aggrapparsi ad appigli invisibili, e dopo qualche istante atterrò in mezzo alla via senza produrre il minimo rumore.
Era una forma umanoide, scura, inginocchiata a terra e con il capo piegato. Indossava una sorta di tuta, lucida, dall'aspetto viscoso e resistente. Alzò la testa, rivelando un solo occhio luminoso; un puntino rosso che brillava nel buio come una pietra preziosa.
«Mezzanotte...»
Aveva solo bisbigliato, ma fu abbastanza per inquietare Eddie.
«Senti amico,» disse Eddie, «non voglio problemi...»
«Tu... Super... Mezzanotte esige...»
Poi scattò, veloce, fendendo l'aria con un sibilo.
Eddie, colto di sorpresa, si preparò a rispolverare quelle lezioni di Tae Kwon Doo che aveva preso qualche anno prima, dubitando comunque gli sarebbero state d'aiuto...
- - -
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Eddie correva a perdifiato, maledendo il giorno in cui aveva deciso di trasferirsi in quella cazzo di città.
Certo, avrebbe potuto scegliere New York, Londra, o magari Mosca, invece si era ficcato in una situazione che, adesso, non presentava molte vie d'uscita.
E dire che aveva sempre cercato di stare lontano dai guai...
Fra tutti i mutati (non gli piaceva definirsi un Super, lo trovava altisonante e anche un po' di cattivo gusto) lui era quello che ci aveva rimesso di più, a suo parere. Non possedeva la superforza di American Dream, ne la velocità di Libby. No, quelle figate erano ad appannaggio dei veri supereroi. Il suo potere era qualcosa di infimo, di così lontano dal concetto di potere, che anche lui faticava a definirlo tale.
E a chi potrebbe interessare qualcuno che sa come accelerare la crescita di una pianta di basilico?, si chiese mentre tentava di raggiungere un luogo sicuro.
Le strade, così come ogni quartiere di Admiral City, erano un caos interminabile e, come se non bastasse quello che stava accadendo alla Torre, sembrava che in giro ci fosse una schiera pronta a seminare scompiglio ovunque.
Stava per arrivare al suo appartamento, quando qualcosa si mosse davanti a lui.
Era un ombra, che guizzava sulle pareti dei palazzi come saltando, apparentemente sfidando tutte le leggi sulla gravità. Fece un paio di evoluzioni, continuando ad aggrapparsi ad appigli invisibili, e dopo qualche istante atterrò in mezzo alla via senza produrre il minimo rumore.
Era una forma umanoide, scura, inginocchiata a terra e con il capo piegato. Indossava una sorta di tuta, lucida, dall'aspetto viscoso e resistente. Alzò la testa, rivelando un solo occhio luminoso; un puntino rosso che brillava nel buio come una pietra preziosa.
«Mezzanotte...»
Aveva solo bisbigliato, ma fu abbastanza per inquietare Eddie.
«Senti amico,» disse Eddie, «non voglio problemi...»
«Tu... Super... Mezzanotte esige...»
Poi scattò, veloce, fendendo l'aria con un sibilo.
Eddie, colto di sorpresa, si preparò a rispolverare quelle lezioni di Tae Kwon Doo che aveva preso qualche anno prima, dubitando comunque gli sarebbero state d'aiuto...
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