mercoledì 31 luglio 2013

Sosta estiva per 2MM



La season 2 di Due Minuti a Mezzanotte si prende una sosta estiva di tre settimane.
Sarebbe un peccato sprecare i capitoli finali della Round Robin nel mese di agosto, con il Web deserto e il traffico dimezzato.
Quindi ci si rivede da queste parti mercoledì 21 agosto 28 agosto, coi supereroi, i supercattivi e tutto ciò che c'è in mezzo.
Buone vacanze a tutti i nostri lettori!

mercoledì 24 luglio 2013

Capitolo 23 - Stagione 2 (di Anonimo Mascherato)



23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 5.45

«Ma tu esattamente che poteri hai?»
Sibir osserva l'uomo in grigio, e inarca un sopracciglio.
Sono fermi sul ciglio del sentiero.
L'alba è solo un'impressione all'orizzonte.
Alle loro spalle, Bannon si concede una risata, breve.
«Non badargli» le dice. 
Si sfila lo zaino, fruga al suo interno.
Si avvicina, le allunga una bottiglia d'acqua.
«A Reb i russi non sono molto simpatici», le dice, mentre lei beve.
Sopra di loro, i picchi del monte Olimpo sono avvolti da una spessa coltre di nubi, e nell'aria c'è odore di pioggia.
«L'Olimpo non era scosso da venti né mai bagnato da pioggia, né la neve vi cadeva, ma l'aria vi si spandeva chiara e senza nubi, e su di esso fluttuava un biancore raggiante.»
Tutti si voltano a guardare Valerie, che fa spallucce. «È Omero,» dice.
«Uno che aveva letto solo le guide turistiche,» sentenzia Reb, riprendendo la marcia.
Sottile, la pioggia riprende a cadere.

* * * 

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 8.49

«E quella cos'è, la Batcaverna?»
Reb si volge verso Libby, ma è Bannon a risponderle.
«La Caverna di Ithakisiou,» le dice.
«La Porta degli Inferi,» sussurra Reb.
«L'ingresso del complesso del controllo del Progetto Pantheon della Hypothetical Inc.» conclude Valerie.
Libby li guarda uno per uno - il vecchio pistolero, la ragazzina pallida, l'uomo in nero dall'aria stanca.
Poi lei e Sibir si scambiano un'occhiata.
La russa annuisce.
«Qual'è il piano?» chiede.
Rebel Yell si volta verso di lei, e la super percepisce i suoi occhi senza vederli, neri nel nero dell'ombra della tesa del cappello grigio, li sente mentre la attraversano portandosi via qualcosa di lei.
Rabbrividisce.
«Il solito,» dice poi lui. «Entriamo, e uccidiamo tutti i cattivi.»
Lei allunga una mano e lo afferra per un braccio, obbligandolo a voltarsi.
«Tu sai come si uccide un dio?»

* * *


9 gennaio 1937
Ore 15.45
Washington DC
Casa Bianca - Ala Est
Sala Proiezione 3

«Come si uccide un dio,» aveva scandito con precisione il professor Andrew Bates, PhD, guardandoli uno per uno.
Il filmato arrivato da Berlino era ancora impresso nelle loro retine, l'uomo volante con la swastika sul petto che volteggiava nel cielo sopra allo stadio olimpionico, per poi scendere come una foglia nel vento, a stringere la mano dell'ometto così simile a Charlie Chaplin.
«Lo colpisci finché non ne può più.»
Risate.
Basso, calvo, con un improbabile paio di baffi, Bates aveva scrutato nel buio della sala, lo aveva trovato, aveva annuito e lo aveva chiamato per nome.
«Mi chiami Reb,» aveva risposto lui.
«Reb,» aveva ripetuto Bates, annuendo. «Lei crede davvero che sia così...» un gesto vago, con le mani. «Semplice?»
«Non ho mai detto che fosse semplice, Doc.»
Altre risate. «E se non fosse sufficiente?»
Reb aveva scrollato le spalle. «Lo si colpisce ancora un po'.»
L'espressione del piccoletto con la cravatta a farfalla si era fatta improvvisamente dura.
«No, signori,» aveva detto Bates, sovrastando il brusio e le risate. «Voi non avete capito nulla.»
Il suo tono era a tal punto glaciale che aveva imposto il silenzio.
«Voi non avete capito che il nazismo non è un sistema politico, è una religione,» aveva detto. «Voi non avete capito che il loro Ubermensch è un dio. E voi non avete capito che l'unico modo per uccidere un dio, è eliminare ogni forma di fede in lui.»
Si era concesso un breve, gelido sorriso sotto i baffi. «A quel punto, Mister Reb, lei potrà colpirlo fino a che non ne potrà più. Solo a quel punto.»


* ** 


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.12

«La cosa che mi ha sorpreso, in tutta questa faccenda,» osserva Bannon, disarmando le guardie svenute e procedendo a legare loro i polsi coi lacci di nylon, "è che nessuno si sia domandato csa faccia esattamente la Hypothetical Inc."
Libby aggrotta le sopracciglia. «Cosa... faccia?»
«Sì, cosa produca,cosa commercializzi, quale sia il prodotto che viene venduto con sopra il marchio della Hypo.»
La velocista si passa una mano sul collo, «Stabilità economica... servizi amministrativi... «
«Idee,» una voce sussurra nel suo orecchio attraverso l'intercom.
«Eh?»
«La Hypothetical vende idee,» sussurra Valerie, perduta chissà dove nel complesso sotterraneo. 
«Esatto,» sorride Bannon, facendo cenno alla velocista di seguirlo.
«E qui l'idea era di solidificare l'economia attraverso la rinascita di una forte identità nazionale,» prosegue l'uomo, camminando rasente al muro lungo il corridoio.
In lontananza, passi pesanti di scarponi da combattimento.
Lui guarda Libby e annuisce.
«Un po' come fece la Thatcher,» dice Valerie.
«Solo che qui, invece di farela guerra agli argentini, si è pensato di riportare i fasti olimpici all'onore delle cronache.»
La voce di Rebel Yell è un crepitio negli auricolari. «La solita soluzione di sempre: quando i problemi paiono insormontabili, ci si crea un dio da adorare.»
Sibir è glaciale. «Non può funzionare.»
Bannon ride.
Gli uomini in nero bloccano il corridoio, ed una figura che li sovrasta di tutta la testa e le spalle si apre la strada fra di loro, avanzando verso Bannon e Libby.
«Può funzionare eccome,» dice. «Se il progetto non viene dirottato.» 
Bannon posa lo zaino, prende la bottiglia dell'acqua, la offre alla donna e quando lei rifiuta, senza staccare gli occhi di dosso dagli avversari, beve un lungo sorso.
«Che il vostro cuore sanguini, mortali,» intona il colosso, «alla presenza di Polemos di Sparta!»
Bannon sospira.
«Certo, come no.»


* * * 

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.13

Sul grande schermo, il colosso che avanza verso l'uomo in uniforme e la ragazza in tuta sembra sovrastarli di ben più dei quaranta centimetri effettivi.
«La ragazza è la velocista dello Start,» sta dicendo Kedives, aspro. «Ma quell'uomo chi è? Indossa una vostra uniforme, mi pare?»
Grant trattiene uno sbuffo.
Kedives è stato utile, finora, ma è troppo volatile per essere un serio assetto nel portfolio di opzioni del Progetto Pantheon.
Dal tablet evoca una cartella. «È un nostro uomo,» ammette. «Bannon. Era a capo di una sotto-sezione dell'unità che si occupava della crisi a Santorini.»
«Un traditore?»
«Un dipendente infedele,» ammette Grant.
«Polemos si prenderà cura di lui,» sorride kedives.
In quel preciso istante, sullo schermo, Bannon abbatte l'Olimpico.
Poi Libby diventa una scia colorata, e infine il monitor mostra solo più un fastidioso effetto neve.
Poi, la porta alle loro spalle esplode, e il pesante battente blindato si schianta sul pavimento di marmo candido con un tuono, sollevando una nube di schegge e polvere.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.14

Sibir odia l'inattività.
L'americano strambo l'ha voluta marginalizzare, affidandole questo stupido incarico.
L'intercom le ha portato i suoni della devastazione che i suoi compagni hanno scatenato nella base segreta della Hypothetical.
E lei è qui a girarsi i pollici.
Davvero Bannon ha ucciso un Olimpico con una bottiglia di plastica?
È questo, il significato di quel "universalmente letale" annotato sulla sua scheda dell'Old Timer?
Poi L'intercom crepita.
«Sibir?»
È Reb.
Finalmente.
«Dà?»
«Fai il buio.»
Sorride, e poi, deliberatamente, estendei propri poteri ai generatori elettrici, e piomba l'intero sistema elettrico dell'Olimpo nel nulla.
«Benvenuti nel neolitico, stronzi,» sussurra.
E poi, come da istruzioni, si mette in cerca di bersagli d'opportunità.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.17

Reb lascia a Kedives e a Grant un minuto pieno per apprezzare le tenebre.
Per capire che i sistemi di aerazione forzata sono morti.
Che sono morti i monitor della sicurezza.
I computer.
L'uplink satellitare.
Persino gli accendisigari elettrici.
Li lascia lì, al buio, per sessanta secondi interminabili.
«I generatori d'emergenza,» comincia Grant, cercando di mascherare il tremore nella voce.
E Reb, senza bisogno di vedere, gli polverizza un ginocchio con una pistolettata.
Il lampo d'uscita illumina Valerie, che sobbalza.
Poi l'uomo in grigio accende una coppia di flare e li getta sul pavimento, illuminando la sala di marmo candido con una sinistra luce verde.
«Signor presidente,» dice, con un cenno del capo.
Kedives vede la propria vita scorrere davanti ai propri occhi come in un film.
Come dicono che succeda prima di morire.


* * *


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.21

«L'hai ammazzato con una bottiglia di plastica!»
Libby è esterrefatta.
Bannon è seduto a terra, le spalle contro la parete.
Ha l'aria molto stanca.
Alla luce del flare, le rughe sul suo volto lo fanno sembrare scolpito nella pietra.
«Non era duro come credeva!»
Le sorride.
«Vai,» le dice.
Lei è indecisa.
Il corridoio è ingombro di corpi, ma ci sono certamente altri uomini armati, nel complesso.
«Ma...»
«Atteniamoci al piano.»
Lei ride. «Il piano,» dice.
Lui fa una smorfia. «Fin qui ha funzionato.»
Lei annuisce.
«Qui dentro, tu...»
Lui fa un cenno col capo.
«Tranquilla. Da qui dentro non uscirà nulla.»


* * *


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.23

Spencer Grant è occupato a morire dissanguato sul pavimento.
Rebel Yell lo disprezza.
Una pressione opportuna, esercitata con calma, potrebbe rallentare l'emorragia e permettere all'uomo di sopravvivere abbastanza a lungo da rivere soccorsi.
Grant lo sa, ma è troppo terrorizzato e accecato dal dolore per applicare quella semplice nozione.
Non sarà la ferita alla gamba ad ucciderlo, ma la sua mancanza di disciplina.
Kedives, dal canto suo, sembra una larva uscita dall'Ade.
Reb si volta verso Valerie, stranamente aliena nella luce verde.
«È ora, bambina,» le dice.
Lei lo guarda.
«Fai il tuo numero, e poi andiamo a casa,» le dice.
Lei fa un passo avanti, stende le braccia lungo i fianchi.
Kedives trova da qualche parte nella propria anima l'energia per parlare.
«Ma chi diavolo sei, ragazzina?»
Lei lo guarda, con una espressione di infinita compassione.
«Mirate!» sussurra, «O Alala, figlia di Polemos! Preludio alle lance! Alla quale soldati si immolano per il bene della città nel sacro rito della morte.»
Dietro di lei, Reb annuisce.
Può apprezzare la citazione.
«Benvenuto al crepuscolo degli dei, presidente.»

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Capitolo scritto da Anonimo Mascherato








mercoledì 17 luglio 2013

Capitolo 22 - Stagione 2 (di Nicola Corticelli)


22 ottobre 2013
Ore 7.30
Nei pressi di Vathy, Grecia

Uranium guardò gli indicatori della tuta con la coda dell'occhio, mentre continuava il suo volo; in condizioni ottimali le spie sarebbero state tutte di colore verde, adesso però la situazione era critica. Lo schermo del casco era un nugolo di aloni arancioni: giroscopi, servomeccanismi, scudo protettivo e contenitivo erano sul punto di collassare.
Sta giocando con noi come il gatto con il topo”.
La voce di Scanner risuonò nella sua testa.
«Già... ma sarà difficile che la tuta possa resistere a un altro colpo diretto così forte.»
Eric tremò dentro di sé, consapevole che anche lo stesso Scanner avrebbe percepito la medesima sensazione: era un dato di fatto che senza l'ausilio della tutta sarebbe stato difficile gestire il suo potere, specie in quest'ultimo periodo.
«Eric mi ricevi?»
«Ross sei ancora vivo!»
Anche attraverso le scariche statiche la voce di Uranium era piena di un sollievo sincero misto alla sorpresa.
«A stento, ma sì. Situazione?»
«Ho ancora Loxias alle calcagna e la mia tuta è quasi del tutto compromessa.»
La comunicazione rimase muta per qualche secondo.
«Eric riesce a individuare la mia posizione?»
«Sì, il radar tattico è una delle poche cose che funziona a dovere. Hai qualcosa in mente?»
«Vieni qui. Ho una sorpresina per il tuo fastidioso inseguitore.»

22 aprile 2013
Ore 7.30
Admiral City

134
Blackjack lasciò cadere l'ennesimo triario al suolo: il cadavere vestito di nero si accasciò sull'asfalto come un sacco della spazzatura, disarticolato e scomposto.
Questo era l'ultimo”.
La mappa fornitagli da Rushmore si era dimostrata accurata e efficace: i cloni depotenziati di American Dream rimasti, quasi un centinaio, avevano aggiunto il loro potenziale genetico a quello di Blackjack.
Forza, velocità e capacità fisiche (oltre ai ricordi) si erano sommate a quelle del Super.
Ora devo andare ad aiutare Libby”.
Il Super fece appena in tempo a voltarsi verso la Salazar Tower, che, quasi fosse tutto previsto da un oscuro regista, la costruzione fu scossa da un tremito evidente, mentre dalla struttura cresceva a vista d'occhio un albero dalle proporzioni colossali.
«Cosa diavolo?»
Blackjack non riuscì a trattenere l'imprecazione e nel contempo si mise a correre a tutta velocità verso il palazzo in lontananza.
La velocità del Super era pazzesca (probabilmente rivaleggiante con quella di Lady Liberty), ma i suoi sensi potenziati di 134 esseri umani gli permisero di percepire sulla sua sinistra una serie di esplosioni.
Era ormai giunto alla sua meta e Blackjack sentì una strana sensazione pervadergli il corpo costringendolo a fermarsi.
Il formicolio divenne un prurito e un nome comparve nella mente del Super come un marchio a fuoco.
Ammit”.

22 ottobre 2013
Ore 7.35
Nei pressi di Vathy, Grecia

Uranium atterrò al fianco del drone-armatura di Ross e si voltò di scatto pronto a ricevere il loro ospite.
«Spero che tu sappia quella che stai facendo.»
«In realtà la mia è l'ennesima mossa disperata di un disperato.»
La sincerità dell'esternazione di Ross strappò un sorriso a Uranium.
I due uomini attesero l'arrivo del Dio del Sole: Loxias toccò il suolo a pochi metri di distanza e subito comparve al suo fianco una bambina bionda.
«Alla fine hai smesso di correre uomo.»
Il corpo del neo incarnato Apollo era circondato da un alone lucente e con sorriso smagliante sul volto continuò: «Ora basta giocare. È tempo che veniate purificati dal sacro fuoco del divino Sole.»
«È mai possibile che tutti i Super più potenti siano sempre dei pazzi megalomani.»
Il riecheggiare di questa frase sembrò congelare l'azione per qualche istante, mentre con una lentezza irreale le quattro figure si voltarono su una quinta emergente dall'oscurità.
Il nuovo venuto era decisamente male in arnese; le vesti semi-carbonizzate lasciavano scoperte ampi spazi di pelle: il derma esposto era un dedalo di ustioni di vario grado che rigeneravano a vista d'occhio.
Ross sobbalzò. “Blackjack!”.
«E così sei ancora vivo. Ma è una cosa a cui si può porre rimedio con estrema facilità.»
Detto questo Loxias alzò un palmo con fare teatrale puntandolo in direzione di Blackjack.
Questi, per tutta risposta, si mosse a una velocità impressionante afferrando per il polso il Dio del Sole da una mano e la bambina per un braccio dall'altra.
Uranium e Ross osservarono la scena come ipnotizzati, mentre la voce di Scanner risuonava nelle loro menti: “Rimanete immobili! Blackjack sa quello che fa.
Intanto la bambina si divincolava nella morsa del Super, mentre Loxias guardava il nuovo venuto perdendo la maschera celestiale e mostrando per la prima volta una collera molto terrena.
«Come osi toccarmi con le tue mani blasfeme...»
L'alone di luce attorno a Loxias aumentò la sua intensità e la mano di Blackjack a contatto con il Dio del Sole iniziò a sfrigolare come della carne a cuocere su una griglia.
Quest'ultimo si mise a ridacchiare: «La tua arroganza non ha limiti... Ci conosci tutti. Spencer Grant ti ha informato bene sui nostri poteri e sai benissimo che il mio è quello di bere il codice genetico degli esseri umani comuni acquisendo le loro capacità...»
Blackjack si fermò un attimo fissando negli occhi prima la Pizia e poi Loxias.
Nessun tentennamento nonostante il dolore atroce.
«Ma da quando sono stato toccato da Ammit posso farlo anche con i soggetti dotati di Teleforce...»
Ciò detto gli altri due Super cominciarono a urlare come ossessi, mentre Blackjack dava libero sfogo alla sua nuova capacità assorbendo i loro poteri e la loro vita.
Alla fine, dopo quello che parve essere un'eternità, le grida cessarono e due corpi esamini caddero al suolo.
Blackjack si voltò sugli altri due membri dello START; lo stesso Ross non poté evitare di fare un passo indietro a quello vista.
Il Super parve non notare la cosa e rimase immobile.
«Perché non ci hai detto nulla del tuo nuovo potere?»
Uranium fu il primo a spezzare quell'imbarazzane silenzio.
«Gli anni mi hanno insegnato che è meglio mantenere un profilo basso.»
«E adesso?»

Blackjack si limitò a rispondere: «E adesso andiamo a fare il culo al redivivo American Dream.»
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Capitolo scritto da Nicola Corticelli 

Scarica il capitolo in versione ebook:

- Epub
- Mobi

Impaginazione a cura di EbookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini

mercoledì 10 luglio 2013

Capitolo 21 - Stagione 2 (di Ione di Chio)


22 ottobre 2013
Ore 7.14 (fuso orario UTC+2)
Zhongnanhai - Sede del Partito Comunista Cinese e del Governo della Repubblica Popolare

«È la sgualdrina americana! Non può essere che lei!»
Xi Jinping indica i monitor, slacciandosi la camicia. Non c'è più contegno, nel Presidente della Repubblica Popolare Cinese.
Una saetta dorata sfreccia sul lato nord del viale Chang'an occidentale. Nemmeno le più precise tra le telecamere che sorvegliano costantemente lo Zhongnanhai riescono a fissare i dettagli.
Gli esperti della sicurezza cercano in ogni modo di estrarre dei fotogrammi in tempo reale, mentre la saetta dorata attraversa da parte a pare i carri armati Tipo 85 e gli autoblindo delle forze speciali che proteggono la Porta della Nuova Cina, l'ingresso principale del complesso che ospita il cuore della superpotenza asiatica.
«Non è Lady Liberty», ribadisce il generale Lee Han Hui, l'uomo su cui, al momento, pesa la difesa della patria da quell'attacco incredibile e inaspettato.
«E allora chi è?», grida il Presidente, furibondo.
«Non lo sappiamo. In queste ore c'è lo stato di allerta in molti Paesi. Lo scontro sul suolo greco è sicuramente correlato a questo.» Indica il maxischermo al plasma, dove la saetta in forma umanoide taglia in due l'ennesimo Tipo 85, passandogli attraverso come la proverbiale lama nel burro.
«Registriamo altri due attacchi imputabili a terroristi superumani», esclama il maggiore Rong, dalla sua postazione informatica. «Londra e Nuova Delhi. Forse qualcosa a Mosca... non ho ancora notizie certe.»
Il generale Hui annuisce, secco. La saetta attraversa infine la sontuosa Porta della Nuova Cina, abbattendola, e penetra nel Zhongnanhai. Probabilmente fino a quel momento ha soltanto giocato.
Un anziano, vestito con una semplice camicia bianca e con dei jeans sbiaditi, esce dalle ombre della stanza dove e rimasto in attesa fino a quel momento. Fa un inchino ai presenti.
«Shenlong», lo saluta Hui, con rispetto. «Porta in salvo il nostro leader.»
«Senz'altro, generale.»
Xi Jinping si aggrappa al tavolo tattico, rosso in volto. «Io non fuggirò, né lo farà il vecchio. Lui è il nostro più forte metaumano e...»
«E per questo entrambi dovete vivere e pensare a una strategia per sconfiggere questi invasori.» Hui deglutisce. Nonostante la freddezza di facciata è terrorizzato. «Per sconfiggere questo Dio.»
Il Presidente non protesta più. Shenlong lo raggiunge e gli mette una mano sulla spalla. «Su, andiamo.» Entrambi si illuminano di un'intensa luce dorata, e poi scompaiono nel nulla.
Il generale si concede un sospiro.
«Nemico in rapido avvicinamento», lo avvisa uno dei suoi attendenti.
«Mandategli contro gli Uomini Modulari», ordina Hui. Sa che non serviranno. Sono validi combattenti superumani, ottimi guerrieri sperimentali creati con nuove applicazioni a base di Teleforce. Risulteranno però inutili contro un Super così forte come quello che stanno per affrontare.
Ma saranno utili a guadagnare del tempo.
Mentre dieci individui identici tra loro, vestiti con aderenti tute di colore rosso, entrano nel raggio d'azione delle telecamere esterne, il generale scosta il maggiore Rong dalla sua postazione e gli ruba cuffie e microfono. Sa di avere pochi minuti, una decina al massimo, per evitare che quell'attacco provochi un disastro termonucleare.
Almeno questo può evitarlo.
Non è poco, si consola, inoltrando la prima di tre chiamate sulle linee d'emergenza.

* * *

22 ottobre 2013
Ore 7.14 (fuso orario UTC+2)
Korinthos – Sede centrale della Hypothetical Inc.


Kedives è fuggito, e con lui Spencer Grant e gli altri pezzi grossi della Hypothetical, chiunque siano.
Sibir e Libby non possono far altro che ammettere l'evidenza. L'avanzata è stata più lenta del previsto, nonostante gli impressionanti poteri delle due Super unite.
La sede della multinazionale è protetta da mercenari armati fino ai denti, ben addestrati e determinati a far sudare ogni centimetro di terreno ceduto al nemico. Gli spetsnaz del team di Sibir si sono a loro volta battuti come leoni, cadendo uno dopo l'altro per proteggere la loro comandante. Ne rimangono in vita soltanto due, quando Libby si accorge che c'è una figura sfuggente che li pedina, nella loro infinita esplorazione di quel complesso, molto più grande del previsto. Ne ha già avuto il sentore un paio di volte, poco più che un sospetto, un riflesso incidentale nella coda dell'occhio. Ora invece quel sospetto è una certezza: lo ha visto.
Lady Liberty afferra il polso di Sibir, che ha appena abbattuto l'ennesimo mercenario. La pelle della russa scotta, ma Libby non molla la presa.
«Che vuoi?», la apostrofa Nadia, sudata e furibonda. Tutta quella perdita di tempo, quel girovagare a vuoto, la fa impazzire.
«Tu continua pure a friggerli. Io faccio una sorpresa a qualcuno.»
Prima che Sibir possa chiedere spiegazioni, Libby entra in ipervelocità e torna sui suoi passi, ripercorrendo il lungo corridoio disseminato di cadaveri che hanno appena attraversato.
L'ombra sfuggente viene colta di sorpresa, prima che possa nascondersi di nuovo. Libby lo vede: è un uomo sui quaranta, di media statura, capelli sale e pepe, viso anonimo, ma abbronzato. Indossa un completo bianco su una camicia grigia, sobrio e al contempo elegante. La ragazza fa per afferrarlo, ma rimane con un pugno d'aria in mano. La velocista strabuzza gli occhi, stupita.
Il suo bersaglio ora si trova due metri più indietro. Le è impossibile perfino pensarlo, ma a quanto pare si è mosso più rapidamente di lei.
«Sei lenta, amica mia.»
Telepatia.
L'uomo in giacca è immobile, come un fermo immagine. Libby gli piomba addosso con un calcio rovesciato. Il bersaglio scompare di nuovo. Il piede di Lady Liberty colpisce la parete, trasmettendole un dolore atroce, su fino al ginocchio. Cade a terra, perdendo la concentrazione sul suo potere. Il mondo torna a scorrere a velocità normale. Diversi metri più avanti la sparatoria tra gli spetsnaz e i mercenari di Kedives prosegue imperterrita.
Il suo avversario le compare alle spalle e le afferra la nuca. La sua mano è fredda come quella di un morto. «Fatti un giro nel labirinto di Dedalo, piccola.»
Libby si trova proiettata in un incubo quadrimensionale. Cade in un pozzo titanico, colossale, senza fondo ma dalle pareti irte di muri, spuntoni, contro cui sbatte più volte, rimbalzando come in un flipper. La sensazione è simile a quella che si prova al risveglio improvviso da certi brutti sogni, ma moltiplicata cento volte e ripetuta all'infinito.
Cadrò per sempre...
Fa giusto in tempo a formulare quel pensiero e l'illusione, se tale era, svanisce, sostituita da una vampata di calore che le brucia le punte dei capelli. Riapre gli occhi e vede Dedalo avvolto dalle fiamme, genuflesso sul pavimento a meno di un metro da lei.
L'uomo è una torcia umana con le mani levate verso il soffitto, simili agli stoppini di candele consumate.
Sibir avanza verso di lui, il plasma incandescente che sfrigola tra le sue dita. «Stai bene?», chiede a Libby, senza togliere gli occhi di dosso a Dedalo.
«Bene. Credo... È la seconda volta che mi salvi la vita.»
«Metti in conto.» Si rivolge poi alla torcia umana, che stranamente sembra ancora cosciente. «Chi sei tu?»
«Sono colui che mister Kedives ha incaricato di gestire casa, in sua assenza», biascica, mentre il suo corpo va letteralmente a pezzi.
«Beh, sei un pessimo maggiordomo», lo apostrofa la russa.
«Vi ho fatto perdere tutto il tempo che...» si stacca il labbro inferiore, che va in cenere. «Che era necessario per dare il via al Progetto Pantheon.»
Le due Super si guardano in faccia, con la brutta sensazione di essere state giocate. «Dov'è Kedives?», urla Libby, furibonda.
«Dove gli spetta: sull'Olimpo.» Detto ciò il corpo di Dedalo si affloscia su se stesso, consumandosi del tutto.
«Ci hanno sconfitte», sussurra Sibir, incredula.
Poco più avanti, nel corridoio, gli spari cessano. I due spetsnaz si ricongiungono alla loro comandante. Il sergente Anton Monja si toglie il passamontagna e si asciuga la fronte. «Comandante, i mercenari che stavamo combattendo...»
«Sono scomparsi all'improvviso», intuisce la Super russa.
«Sì. E questo corridoio ora sembra più breve.»
«Erano ombre. Illusioni. Chissà quando abbiamo ucciso l'ultimo di loro, e quanti altri proiettili abbiamo sprecato contro dei fantasmi.»
Libby la scuote per una spalla. «Riprenditi, bella. Cosa cazzo facciamo ora?»
«Il vostro amico carbonella ve l'ha detto, no?»
Una voce maschile alle loro spalle fa sobbalzare le due Super. Sibir si volta, pronta a bruciare qualunque altra persona, cosa o animale si ponga sulla sua strada. Invece vede uno strano terzetto.
Una ragazza dall'aria smarrita, con una gran massa di capelli rossi, stretta in una felpa che ne nasconde il corpo esile.
Un uomo vestito coi rimasugli di una battle dress uniform degli stormtrooper della Hypothetical Inc. Di mezza età, semiautomatica in mano, ma abbassata.
Infine il tizio che ha parlato, una specie di cowboy con tanto di cappello, e con un foulard impolverato che gli copre la bocca.
«Se cercate guai», li saluta Sibir, «siete nel posto giusto. La mia giornata è stata pessima, la vostra può solo peggiorare.»
«Frena bionda», la blocca Libby. «Conosco quel tale. Si fa chiamare Rebel Yell e non dovrebbe esserci ostile.»
«Non lo sono», conferma il cowboy. «E nemmeno i miei soci. Anzi, mi sa che abbiamo tutti un obiettivo comune. Anche tu, compagna.»
«Kedives?», domanda Sibir.
«E Grant. E salvare il mondo. O qualcosa del genere.»
«Molto teatrale, americano.»
«Mai come un tizio che vuole governare il pianeta dall'alto del Monte Olimpo.»
La siberiana spalanca gli occhi. «Non prenderai sul serio le parole di quell'imbecille?» col mento indica i resti scoppiettanti di Dedalo.
Rebel si tocca il cappello. «Hai forse idee migliori?»
«Loro chi sono?», risponde Sibir, spazientita.
«Lui è Bannon. Lo conoscerai strada facendo. Lei invece è Valerie Broussard, la persona che può risolvere tutto questo casino.»
Libby e Sibir si guardano, perplesse. Tocca alla velocista esprimere i dubbi di entrambe: «Lei? Senza offesa, ma a me sembra uno scricciolo impaurito. O in alternativa l'eroina timida uscita da un film fantasy per ragazzini.»
Rebel si abbassa il foulard. Sorride, anche se i suoi occhi esprimono una grande stanchezza. «Datele una chance. Vedrete che ci sarà da divertirsi.»

* * *

22 ottobre 2013
Ore 7.19 (fuso orario UTC+2)
Nei pressi di Vathy, Grecia


Alex Ross avanza barcollando tra le macerie di Vathy.
L'ultima colonna di profughi ha abbandonato la città da quasi mezz'ora. L'antenna radio del suo esoscheletro ha captato le comunicazioni, un misto di greco, inglese e slavo, poco fuori dalla cerchia urbana. Si tratta senz'altro di stormtrooper della Hypothetical Inc., mandate a soccorrere i civili coinvolti nello scontro tra Super. Nessuno di loro ha intenzione di entrare a Vathy.
Non sono così pazzi.
Ross invia un comando mentale al computer di bordo e abbassa la temperatura interna del suo esoscheletro. L'armatura Drakkar I continua a iniettargli antidolorifici e medicinali antiemorragici. Il braccio sinistro, tagliato poco sopra il gomito, non gli fa male.
Non ancora.
Loxias non l'ha ucciso. Forse per sbaglio, forse per scelta. Questo non lo sa e forse non lo saprà mai.
Magari è perché tu non sei un superuomo, e quindi non conti un cazzo. Dovevi rimanere nei Rangers, brutto imbecille.
Scuote il capo, godendosi l'ossigeno extra che gli pompa l'esoscheletro progettato da Rushmore.
Si siede all'ombra di una casa nella periferia est della cittadina. È in posizione sopraelevata. A trecento metri vede il mare, bellissimo. Peccato soltanto per l'intero quartiere turistico, distrutto da uno scambio di colpi tra Uranium e Loxias. Anche le zone attigue sono state colpite, più o meno duramente. Impossibile determinare chi tra i due ha causato più danni collaterali. Alex è solo contento della prova di coraggio e di forza fornita dal suo ragazzo.
Contro un Dio, cazzo. O almeno così ce l'ha venduto quello psicolabile di Kedives.
Certo, Eric è stato costretto in ritirata, oltre le colline. Però ha retto il colpo. Potere nucleare contro potere del Sole. È solo un caso che non abbia ancora prevalso il secondo. O forse Loxias non ha forzato la mano. Se la vuole godere, il bastardo.
Ma per quanto durerà?
La ricetrasmittente del casco trasmette una serie di notizie inquietanti, tutte inviate dal QG di Admiral City.
Lo Zhongnanhai sotto attacco da parte di un Super autonominatosi col nome di Hermes.
Westminster parzialmente abbattuto da due terroristi metaumani, nome in codice Dioscuri; altri folli vomitati dai laboratori di Kedives.
Nuova Delhi colpita in una devastante tempesta di fulmini, innaturale e senza precedenti.
Mosca sotto assedio, con Sibir lontana da casa. Nessuna notizia sull'identità degli assalitori.
«Drakkar I, rispondi. Ripeto: Drakkar I, rispondi. Cristo Ross, dacci un segnale!» La richiesta di feedback da parte del QG è insistente, ossessiva.
Alex non si sogna nemmeno di rispondere. È in modalità stealth, invisibile ai radar e allo spionaggio elettronico più sofisticato. Ha lanciato solo un segnale radio, prima di zittirsi del tutto.
Scanner è con Eric. Dentro di lui.
Contro di loro ci sono Loxias, il Dio del Sole, e la sua piccola strega rossa. Si stanno dando la caccia, in un gioco estremo tra guardia e ladri, che ha come scenario tutta la provincia greca dell'Egeo Settentrionale. Poco importa se nel mentre Kedives ha schierato altri mostri. Per il responsabile militare dello START ciò che conta è lo scontro di cui è oramai solo uno spettatore moribondo.
O forse no.
Il computer della Drakkar calcola l'arrivo di Uranium entro quattro minuti esatti. Se tutto va come hanno concordato, Loxias lo seguirà a ruota, certo di finirlo, una volta per tutte.
«Vieni, figlio di puttana», sussurra Ross. Con un impulso mentale attiva la modalità Ragnarok della sua armatura. Un regalino di Rushmore, che come sempre ha intuito come sarebbe finito quel casino che Christina Cielo aveva il coraggio di definire missione di peacekeeping.
Il sapientone gli ha spiegato per sommi capi cosa può fare il Ragnarok, oltre a polverizzare chi ne fa uso. Per il resto ha usato un sacco di paroloni, tra cui "ordigno di livellamento quantico", qualunque cosa voglia dire. Dalla simulazione via monitor, l'effetto scenico ha ricordato ad Alex le trappole usate da Bill Murray e soci in Ghostbusters, ma moltiplicato per almeno mille volte.
E con effetti del tutto imprevedibili. Non a caso al Pentagono non sanno sulla di questa sorpresina.
La prospettiva lo spaventa. Il computer gli ha appena fatto un calcolo degli abitanti che vivono nella provincia dell'Egeo Settentrionale.
208.151 esseri umani, dislocati in 3836 km².
Quelli che, se tutto andrà come deve andare, diventeranno presto dei danni collaterali.

- - -

Capitolo scritto da Ione di Chio

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Impaginazione a cura di EbookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini

mercoledì 3 luglio 2013

Capitolo 20 - Stagione 2 (di Gianluca Santini)


22 Ottobre 2013, 05:20
Nei pressi di Vathy, Grecia

I loro passi erano interrotti di tanto in tanto dall’incessabile entusiasmo di Mercury.
«Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta! Mai trasportata tanta gente tutta insieme.»
«E dacci un taglio, l’abbiamo capito» lo rimproverò Blackjack.
Scanner lo guardò, il ragazzo sembrava preoccupato. Nella sua mente vedeva di nuovo le immagini trasmesse nel televisore.
"Per cosa stiamo combattendo? Cosa ci facciamo qui?"
L’aria era carica di tensione. La voce amplificata di Ross spezzò di nuovo il silenzio.
«Dovrebbe essere tra poco.»
«Cosa?» domandò Uranium.
«Il punto di incontro con i Super inviati da Fortress Europe. Dovrebbero essere due uomini, a quanto so.»
La sua voce non fece in tempo a spegnersi che due corpi caddero davanti a loro. Due cadaveri, carbonizzati e puzzolenti. I volti anneriti erano irriconoscibili, fermi in un’espressione di dolore e sofferenza. Le mani ritorte in posizioni innaturali. Sulle tute che indossavano erano ancora visibili le lettere F.E.
«Merda» commentò Blackjack.
Sollevarono lo sguardo, ritrovandosi di fronte a qualcosa che spezzò loro il fiato.
L’uomo che indossava il mantello rosso era accompagnato da una bambina. Il suo sguardo era diverso da tutti quelli che avevano mai visto in vita loro. Era uno sguardo che andava oltre.
Non riuscirono a pensare, a guardare, a tentare una difesa. Non erano preparati. Loxias scomparve in ipervelocità, per riapparire di fronte a Mercury. La mano del Dio si posò sulla fronte dell’uomo, e l’uomo si sciolse.
Scanner guardò inorridito mentre il suo compagno diventava un’informe pozza di liquido rossastro. Sentì nella mente degli altri – e nella sua – la paura, il ribrezzo, l’orrore. Vide con la coda dell’occhio che Blackjack si chinava a vomitare.
Loxias alzò l’altra mano e un’ondata di luce si generò a partire da quelle dita.
Scanner aveva sentito qualcosa nella mente della bambina e quel qualcosa lo aveva portato a lanciarsi verso sinistra. Sentì le urla di dolore di Blackjack e Ross. Il bagliore non si era ancora attenuato, ma quelle urla non sembravano smettere mai. Erano grida terribili, che Scanner non avrebbe mai pensato di ricondurre alle corde vocali umane. Dietro di sé sentì che anche Uranium era scampato al pericoloso attacco.
Il Dio mosse il braccio verso di loro e il bagliore si spostò.
Scanner vide il compagno alzarsi in volo e mentre sentiva che il bagliore stava per investirlo guardò intensamente nella direzione dell’Uomo Atomico.

Uranium sfrecciò nel cielo, allontanandosi il più velocemente possibile da quel luogo. Era impressionato da quello che aveva visto. Admiral City, in confronto, era un parco giochi.
«Come si uccide un Dio?»
"Un modo deve esistere, per quanto forte non è un Dio."
Il pensiero era apparso nella sua mente, non gli apparteneva. Rabbrividì, poi pensò al suo compagno.
«Scanner?»
"Sì, sono io."
«Sei ancora vivo allora?»
"Sì, ma anche questa volta per sopravvivere mi sono dovuto trasferire in un altro corpo."
«Quale? Dove sei? Dobbiamo incontrarci.»
La voce nella sua mente non rispose subito. Uranium quasi temette per la vita dell’amico, poteva essere stato individuato da Loxias.
"Loxias non mi può individuare. Io sono dentro di te, Eric."

* * *

22 Ottobre 2013, 05:40
Korinthos - Sede centrale della Hypotetical Inc.

Sibir ripensava allo scontro avuto con Hestia, ai morti tra i soldati che la stavano accompagnando in quella missione. E sperava di ritrovarsi di fronte all’orientale, per sistemarla una volta per tutte. La ragazza era battuta in ritirata appena si era accorta che Sibir stava caricando il plasma a un livello tale da poterla ferire. Al primo segno di cedimento aveva abbandonato il terreno dello scontro, per Sibir questo era un segno di debolezza troppo evidente.
Il silenzio dell’edificio era innaturale, nessuno si aggirava per i corridoi, a parte lei e i superstiti tra i militari russi.
Sibir fece scivolare un piccolo quantitativo di plasma nell’incavo della mano, pronta a lanciarlo appena la situazione l’avrebbe richiesto. Lo sentiva nell’aria, qualcosa stava per accadere.
Giunsero davanti a una porta, l’ennesima, e la oltrepassarono seguendo lo stesso ordine di cammino. A metà del nuovo corridoio Sibir vide delle sbarre metalliche sulla parete di destra.
Qualcosa accadde. I soldati della Hypotetical Inc. apparvero alle loro spalle, oltre la porta che gli ultimi militari russi stavano superando in quel momento. Gli spari ruppero il silenzio, l’imboscata andò a buon fine. Sibir vide cadere in pozze di sangue i suoi compagni.
Senza pensarci, distese il braccio verso gli assalitori e lanciò il plasma che aveva caricato. Un sorriso gelido si formò sul suo volto, mentre i soldati morivano di fronte a lei.
Rimasta sola avanzò verso le sbarre e guardò all’interno. Riconobbe la prigioniera.
«Buffo, Lady Liberty non è libera.»
Dentro la gabbia vide Libby avanzare verso di lei. Negli occhi dell’americana c’era solamente il desiderio di uscire, di fare qualcosa.
«Non è il tempo per vecchi rancori, Sibir. Qui la situazione si aggrava ogni momento di più. Dobbiamo aiutarci a vicenda.»
Sibir non rispose, annuendo impercettibilmente con la testa. Fece colare una piccola goccia di plasma sulla serratura delle sbarre. Qualche secondo dopo Lady Liberty era di nuovo libera.
«Grazie, Sibir, a buon rendere. Andiamo, non c’è più tempo da perdere.»
«Non così in fretta, ragazze!»
L’urlo proveniva dalla fine del corridoio. Hestia sorrideva verso di loro, alcune fiammelle crepitavano sulle dita delle mani.
«Be’, gli effetti del siero dovrebbero essere passati da un pezzo.»
La russa sentì appena la voce di Libby, poi vide solo una scia di colore attraversare tutto il corridoio. Infine un rumore secco, di ossa spezzate. Sibir raggiunse Libby mentre il corpo di Hestia scivolava a terra privo di vita.
«Lei era mia.»
Libby le sorrise in modo strano.
«Vorrà dire che la prossima la lascio a te.»
«Dobbiamo trovare Kedives.»
Le due Super si guardarono, poi avanzarono oltre il cadavere.

* * *

22 Ottobre 2013, 05:13
Korinthos, Grecia

Erano sbarcati a metà mattina. L’uomo l’aveva accompagnata in un piccolo albergo, accogliente, ma non molto arredato. Nella camera in cui si trovavano ora, e in cui avevano trascorso la giornata e la notte in un silenzio imbarazzante, Valerie poteva ammirare solamente il letto, due anonimi comodini, un armadio e una pianta ornamentale. Il giusto indispensabile per non far sentire a disagio gli ospiti.
Vide che Bannon la stava osservando, stava per aprire bocca e parlare. Lei lo anticipò. La sua voce appariva dura, arrabbiata, ma dentro di sé era un caos di emozioni. Con le dita delle mani torceva le maniche della felpa, scaricando lo stress di quei giorni.
«No, adesso basta. Adesso mi ascolti tu. Mi hai presa con te, ma non so nemmeno chi sei o per chi lavori, anche se visto in che città mi hai portata posso ben immaginarlo. Sei un uomo di Kedives?»
«Lo ero. Avevo degli ordini dalla Hypotetical Security, in effetti, ma ora sto seguendo altre direttive.»
«Altre direttive che guarda caso ci portano nella stessa città in cui ha sede la Hypotetical Inc.?»
L’uomo non rispose. Valerie inspirò profondamente.
«Non sono così scema come tu pensi. Ho ascoltato dentro la villa, anche se stavo giocando con il cane. E ho ascoltato sulla barca. E se ora mi stai cercando di fregare, be’, sappi che non so se ho voglia di trattenermi dall’eruttare.»
«Non ti sto fregando, Valerie.»
«Voglio rivelare tutto sulla Hypotetical, sui loro esperimenti, sui loro piani. Se possibile, fermarla di persona.»
«Perché?»
Valerie tentò di rispondere, ma dovette fare ordine nella sua mente. Le mani andarono al volto, coprirono gli occhi per qualche secondo. Poi affondarono nella massa di capelli rossi. Si sistemò qualche ciocca, infine fissò Bannon.
«Sono un esperimento di Grant. Uno dei primi, i più imperfetti. Sapevo che avrei manifestato dei poteri, ma non sapevo quando o quali. Nel mio DNA oltre all’eredità biologica dei miei genitori ci sono corredi genetici appartenenti a diversi Super, tra cui Ammit e altri Super europei. Era questo che intendeva quell’Aran quando stavate parlando nella villa.»
Fece un pausa, chinò la testa ed espirò.
«Sono un cocktail uscito male» disse amaramente.
Poteva sentire la voglia di Bannon di rispondere, ma l’uomo non ce la faceva. Valerie lasciò che una lacrima le corresse attraverso la guancia, poi risollevò lo sguardo.
«Allora, mi aiuti o stai dalla loro parte?»

* * *

22 Ottobre 2013, 05:25
Nei pressi di Vathy, Grecia

Uranium non riuscì a replicare subito, stupito e disorientato.
"Eric, tu sei il solo tra noi che può avere una possibilità contro Loxias. Hai visto con quanta facilità ha annientato gli altri."
«Io dubito.»
"Dopo il Flare sei più potente. E ora ci sono anche io. Formiamo una bella squadra."
«Riesci a leggere la mente di quel Dio?»
"No, purtroppo. Ma riesco a percepire qualcosa nella mente della bambina, lei vede quello che Loxias farà."
«E come facciamo a sapere che quelle immagini sono affidabili? Potrebbe essere un trucco.»
La voce di Scanner fece un pausa.
"Non possiamo saperlo. Ma dobbiamo tentare. Almeno per la nostra vita ha senso combattere."
Uranium rallentò, poi si fermò a mezz’aria.
«Va bene. Cosa facciamo quindi?»

* * *

22 Ottobre 2013, 05:16
Korinthos, Grecia

Bannon tirò un sospiro, sorrise, poi annuì.
«Va bene, puoi contare su di me. Chiamo un vecchio amico, ci aiuterà anche lui. È uno che sa come risolvere le questioni.»
Così dicendo si voltò ed estrasse il telefono satellitare. Compose a memoria il numero e attese la risposta.
«Sì?»
«Rebel, sono io. Dove sei?»
«In volo. Ero in Egitto, ma qualcuno ha risolto la situazione prima di me.»
«Uh, non sapevo che tu potessi volare.»
«Sto ridendo, Bannon. Cosa c’è?»
«Sono a Korinthos, dobbiamo risolvere una volta per tutte la questione greca.»
«Il mio volo è per la Grecia. Atterrerò fra poco. Non ci metterò molto a raggiungerti.»
«Efficiente come al solito, Rebel.»
Dall’altra parte non giunse alcuna risposta, solo il silenzio che segnalava la chiusura della comunicazione. Dietro di sé Bannon sentì, flebile, la voce di Valerie.
«Grazie.»

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Capitolo scritto da Gianluca Santini (Nella mente di Redrum blog) 

 
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Impaginazione a cura di eBookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini